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martedì 7 maggio 2013

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Nuove prospettive, nuovi mondi.
Tanta paura, ma allo stesso tempo eccitazione, come quando da bambini ci era permesso di stare svegli fino a tardi. Ci sentivamo grandi, finalmente.

E’ un periodo complicato. Non difficile, non negativo. Semplicemente complicato.
Come mai prima d’ora sento il peso delle responsabilità, delle aspettative che si riversano su di me da ogni parte. Una laurea da scrivere e, ancor prima, troppi esami da dare. E una volta superato tutto questo, la scelta della specialistica più adatta, nel mare apparentemente infinito delle possibilità che mi si presentano.
Nulla è deciso, eppure, a volte, mi sembra già tutto scritto.
Un passo dopo l’altro, così come tutti si aspettano, nel rispetto delle regole, del “è così che si fa”. Che ansia.
Non rinnego nulla, né tantomeno rimpiango altro, ma sin da quando sono piccola ho avuto una visione molto “lineare” della mia vita, così come mi hanno insegnato: scuola, università, lavoro, famiglia.
Non c’è nulla di sbagliato in tutto questo e se così sarà il mio futuro gli andrò incontro con felicità e orgoglio, perché sono consapevole di essere tremendamente fortunata a poter avere tutto questo.
Ma mi piacerebbe, anche solo per una volta, anche solo per un poco, credere che possa accadere qualcosa che sconvolga i piani, che mi porti lontano da qui, lontano da quelle che sono sempre state le mie aspettative e le mie prospettive.

Mi sono resa conto solo ultimamente, come avevo scritto non molto tempo fa, di essere incredibilmente soddisatta della mia vita, molto più di quanto mi potessi immaginare. E’ stata come una folgorazione, e non so, ci ho quasi messo un po’ ad accettarlo perché sono sempre stata forse fin troppo critica e mi è difficile essere pienamente felice.
Proprio per questo, in fondo, non cambierei nulla di quello che ho, ma non posso negare che alcune prospettive recenti mi hanno fatto riflettere su quelle che saranno le mie prossime decisioni, e la verità è che ho una gran confusione in testa.
Vorrei prendere e partire, e realizzare davvero ciò che mi è stato proposto. Ma allo stesso tempo ho paura, e temo che ciò che troverò in qualsiasi altro posto non sarà mai meglio di ciò che già possiedo qui.
Non vorrei un domani dover dire “però, se avessi fatto..se fossi partita..se ci avessi provato” così come non vorrei mai accorgermi troppo tardi che ho sprecato le occasioni che avevo qui.
Al tutto si accompagna un mondo che dista da Milano qualcosa come novecentomila kilometri ma che da più di un anno sento vicino come nessun’altro. Un’altra lingua, un’altra cultura e così tante possibilità. Che lì ci possa essere anche la mia?

Ho la testa un po’ pesante, e i pensieri fanno un sacco di rumore.
Ho la possibilità di decidere per me stessa e questa cosa mi riempie di orgoglio e di forza, ma ho paura, proprio fottuta (scusate il francesismo).

Qualunque cosa succeda, para atrás, e sempre a testa alta.

(07.05. Non centra niente, ma oggi sono due anni. Volevo dirti solo che sto bene, nonna. Sono felice, sai? Mi hai fatto il regalo più bello del mondo. Lo so che sei stata tu, io lo so. Finalmente l’ho capito. Bè, anche se non rende abbastanza l’idea, grazie davvero. Mi manchi.)

mercoledì 10 aprile 2013

Mario

Mario è “hai disattivato il roaming?” alle otto del mattino.
Mario è “do you have assentium?” e poi ti portano tre birre. La first one, la second one e no, la pepsi-light proprio non ce l’hanno.
Mario è la receptionist dell’hotel che ti fa rispondere al telefono.
Mario è “dove è finito il bottone del forno a microonde?”. E poi ti accorgi che stavi cercando di mettere a scaldare il latte nella cassaforte.
Mario è “can i have/get/take/bring the bill?”
Mario sono quattro giorni di dieta tutti insieme, altimenti gli amici cosa servono a fare? Però il tiramisù era buonissimo e le bombe ipercaloriche di starbucks pure.
Mario sono i bafana, e non serve aggiugere altro.
Mario è “Nooo! Le uova!”
Mario è la Lilli che ha divelto la porta della doccia e i canali di sport preferiti di Deca.
Mario sono un pacchetto di mandorle (e se ne mangi 23 va bene, altimenti arrangiati)
Mario sono gli italiani che all’estero riconosci lintano un miglio, quelli che ovunque vadano si sentono sempre a casa loro: Napoli.
Mario è il freddo di dicembre ad aprile e tu che hai dimenticato i guanti adesso vorresti picchiarti ma se togli le mani dalle tasche sei spacciata quindi meglio lasciar perdere.
Mario è “the tip is not included”
Mario è una città straniera e dei soldi incomprensibili.
Mario sono quattro amici (“e un paio di jeans”..no scherzo, non faceva ridere) e tanta voglia di divertirsi, sono le chiacchere in camera e gli scherzi, le conversazioni serie a cena e le foto stupide.
Mario sono tutte quelle sensazioni che nascono durante un viaggio e che non sia sa come chiamare, e allora Mario va benissimo. O forse Jenny, come volete.
Mario sono le cose che capiamo solo noi e Mario è chi sta leggendo e si chiede se anche solo una di queste frasi abbia un senso.
Mario è avere accanto persone come voi, che sicuramente a volte pensano che io sia un po’ insopportabile, ma che mi vogliono bene comunque.
Mario sono io, che spesso l’unico modo che riesco a trovare per farvi capire quanto ci tengo a voi è darvi un pugno.

Mario è anche tornare a casa, sentirsi incredibilmente fortunati e in qualche modo migliori dopo aver visitato un nuovo, seppur piccolo, pezzo di mondo.
Mario è pensare già alla prossima meta, per la gioia del nostro portafogli, di mamma e papà.

martedì 26 marzo 2013

Così com'è

Poche ore fa ero in macchina, di ritorno da due meravigliosi giorni in montagna fatti di relax, coccole e una valanga di sorrisi.
Ero seduta sul sedile del passeggero e in quel torpore tipico dei viaggi lunghi, ho iniziato a pensare agli ultimi mesi ed un unico luminoso pensiero mi ha riempito la mente, così, all’improvviso: mi piace troppo la vita che faccio.

E’ stata una specie di folgorazione, una saetta scagliata da chissà dove e giunta con forza fino alla mia mente, proprio all’interno di quella macchina. Ne sono rimasta quasi sconvolta.

Non che non abbia mai apprezzato la mia vita e ciò che ne fa parte, anzi, ma sin da quando ho memoria so di essere infinitamente critica nei miei confronti, mai soddisfatta, mai appagata del tutto. Una criticona incorreggibile, soprattutto quando si tratta di me.
Questa mia caratteristica mi ha salvato in innumerevoli occasioni, e mi ha sempre permesso di andare oltre, di gettare lo sguardo al di là del semplice “possibile” per proiettarmi verso qualcosa di migliore.
Allo stesso modo però, a volte, proprio per questo, non ho avuto l’occasione di godermi il momento, di gioire delle piccole cose, di fermarmi, respirare un attimo e guardare ciò che stavo costruendo.
Si sente dire spesso che “il senso della ricerca si trova nel cammino, non nella meta”, ma io me ne sono sempre fregata e ho costantemente puntato solo al traguardo.

Ultimamente invece, grazie a una serie di eventi, situazioni, persone e occasioni, ho iniziato pian piano a “togliere il pilota automatico, abbassare i finestrini e godermi il panorama” e questo sta rendendo non solo infinitamente più piacevole, ma anche meno impegnativo il raggiungimento di una serie di obiettivi e mete che da sempre mi prefiggo.
Ciò non significa affatto che mi sento “arrivata”, che ho finito di cercare ed impegnarmi; anzi, tutto il contrario. La marcia è sempre ingranata e il piede è ben fermo sull’accelleratore perché se ti fermi sei perduto, ma il mio spirito è diverso, più positivo, giocherellone, spensierato.

Sto imparando a godere di tutto ciò che ho, forse anche perché con il passare del tempo mi rendo conto di quanto le cose possano essere passeggere, un minuto e poi spariscono e sta a noi cogliere l’attimo e spremerle fino in fondo prima che ci scappino.
Gioisco per la lezione di economia che per la prima volta capisco dall’inizio alla fine, anche se siamo a metà semestre e il resto degli appunti sono solo scarabocchi confusi.
Gioisco per i due giorni liberi del mio ragazzo, che ci permettono di prendere e andare a trascorrere qualche ora di relax lontano da tutti, senza pensare ad ogni dettaglio, a cosa portare, a quante paia di scarpe mettere in borsa.
Gioisco persino per il lavoro, che sicuramente non sarà il mestiere della mia vita, ma da quasi due anni mi permette di avere più indipendenza e mi ha fatto conoscere persone meravigliose. Non mi importa del mal di schiena, le ore in piedi, i vestiti scomodi: mi piace tanto, mi diverte, e se mi stanco vorrà dire che domani mattina dormirò un’ora in più.

Non so cosa farò tra qualche anno, non so neanche come trascorrerò la giornata di domani ad essere sinceri, ma adesso ho una vita piena e mi piace da morire così com’è, per la prima volta in ventun’anni.

Da qualche tempo non sento neanche la necessità di scappare da qui. Roba da matti :)

venerdì 22 marzo 2013

Di corsa (?)

Ancora una volta mi ritrovo a pensare che uno dei miei bisogni primari sia scrivere. Quando la possibilità di farlo mi viene tolta, mi sento irrimediabilmente mancante di un pezzettino, anche piccolo piccolo forse, ma decisamente importante. Non potrei mai fare della scrittura il mio lavoro, anche se mi piacerebbe immensamente, ma so con assoluta certezza che prima o poi finirei per odiarlo, o perlomeno a non apprezzarlo più come faccio adesso. La scrittura per me è un piacere, ed è tale proprio perchè non ho nei suoi confronti nessun tipo di obbligo. Scrivo quando mi va, quello che mi va, per chi mi va.  Spesso scrivo a nessuno: semplicemente mi metto li alla mia scrivania tutta concentrata, a volte anche con una molletta nei capelli per evitare che il mio ciuffetto pazzo mi vada negli occhi, e scrivo, scrivo, scrivo.  Altrettanto spesso poi mi sento anche tremendamente stupida, quindi rileggo quelle parole che ho fissato sulla carta e strappo il foglio in tanti pezzettini. Mi vergogno perchè mi accorgo che molto spesso e senza che io ne conosca il reale motivo, le parole che scrivo sono molto più vere, sincere e dirette di quelle che dico e la verità sbattuta in faccia e fermata sulla carta per sempre fa paura. Quando scrivi nessuno ti può interrompere, nessuno può fermarti nel bel mezzo del tuo discorso e dirti : "guarda, grazie davvero eh, però a me non interessa!", nessuno ti può guardare male, con quello sguardo lì un pò storto che può significa soltanto: "ma ti rendi conto delle diavolerie che stai dicendo?". Quando scrivi la penna è una spada che tiene lontano tutto e tutti da quel misero pezzettino di carta dove, con la tua calligrafia rotonda, un pò infantile forse, a dire la verità, tu stai fissando chissà quali pensieri contorti che mai e poi mai saresti in grado di dire a parole ad anima viva.
Ecco un'altra cosa..io amo scrivere a mano, con la penna, meglio ancora se stilografica. Mi piace il rumore che fa l'inchiostro quando aderisce alla carta. E' un rumore inesistente, quasi inudibile, eppure a me ricorda il suono degli abbracci in inverno, quando i due cappotti si sfregano e frusciano uno a contatto con l'altro, quando nonostante il freddo per un istante ti senti come dentro un camino che scoppietta.
Scrivere con carta e penna è un'abbraccio.
Da un pò di tempo però, nonostante questa mia predilezione, sento anche la necessità che qualcuno legga ciò che scrivo e di certo non potrei mai consegnare a nessuno uno dei miei quadernetti pieni di parole dicendo semplicemente: "ehi tu, leggi un pò qui!". Quindi ho deciso di "evolvermi" anche io e di utilizzare Internet, il regno della libertà a portata di tutti per riversarci dentro anche un pò della mia, di libertà, sotto forma di scrittura. La vergogna per le cose che scrivo, quell'imbarazzo che ti fa diventare le guance rosse in un battito di ciglia, non mi ha ancora abbandonata, però, forse un pò egoisticamente, sento il bisogno che qualcuno le legga. Non so neanche io perchè, ma è così. Vorrei mettere le mie parole a disposizione degli altri. Non che siano chissà quali perle di saggezza, anzi, spesso e volentieri mi accorgo che certi miei pensieri hanno un inizio faticoso e un finale assolutamente illogico, però chissà mai, magari a qualcuno farà piacere cercare un minimo di filo rosso tra queste mie parole e, una volta trovato, sorridere.

Mi sento già abbastanza in imbarazzo così, quindi direi che posso tranquillamente chiudere qui. Forse adesso uscirò, è una giornata così bella.

Magari vado a correre un pò.
Mi ricordo l'ultima volta che l'ho detto, saran stati sei mesi fa. Ovviamente l'ho detto e basta, si è mai visto che vado a correre per davvero.

lunedì 18 marzo 2013

GOD SAVE

Dio salvi la regina.
E salvi anche il re, che poveretto quello non se lo fila mai nessuno.

Dio salvi i giorni di sole e le magliette colorate, i fili d’erba mossi dal vento e i tuoi occhi.
Salvi l’attimo in cui ci salutiamo e io so già che mi mancherai tantissimo fino al momento in cui ci rivedremo, forse solo tra poche ore.
Dio salvi la voce della mia migliore amica, che è un po’ come il Grillo Parlande e quando la senti, anche se a volte ci provi, ti accorgi di non poter evitare di starla ad ascoltare ed ammettere che, cazzo, ci ha preso anche questa volta.
Salvi le battute acide che ti vengono quando sei nervosa, perché a volte ti stupisci anche tu di quante cose stronze riesci a pensare e inizi finalmente a ridere.
Salvi la musica, quella che esce dalla radio quando sei in macchina con il finestrino abbassato e gli occhiali da sole e salvi anche i tuoi cd pieni di canzoni che all’inizio come al solito non mi piacciono, ma che poi imparo e allora è bello cantarle insieme.
Salvi i libri pieni di sottolineature, che sono un po’ come il tuo specchio e contengono tutte le cose che anche tu avresti voluto dire, ma non hai mai trovato le parole giuste, e allora qualche genio lo ha fatto per te e ha deciso di fissarle sulla carta e fare in modo che tu le leggessi.
Dio salvi chi la notte non riesce a dormire perché ha troppi pensieri e chi si sveglia piangendo perché ha fatto un sogno che sembrava terribilmente vero, ma poi ha aperto gli occhi e si è accorto che la vita è un’altra cosa.
Salvi le persone che amano il proprio uomo, la propria donna, o quelli di un altro, i propri figli o i genitori. Salvi chi ha il cuore talmente pieno d’amore che certe volte teme che gli possa scoppiare dentro e creare un gran casino.
Dio salvi chi, invece, pur sforzandosi, non riesce a provare amore, ma soltanto deboli affetti passeggeri, e anche se con gli amici si vanta di essere “un duro dal cuore di pietra” ciò che vorrebbe di più al mondo è trovare qualcuno davanti al quale poter essere sé stesso, e piangere senza vergognarsi, se necessario.
Salvi le serate passate con gli amici, quando in qualche modo tutto sembra essere possibile e salvi i tuoi amici stessi, che iniziano a dire alle nove “stasera non facciamo tardi” e poi arrivano le due dal mattino, e si è ancora lì, a forza di ridere e scherzare.
Dio salvi la routine quotidiana, le tradizioni millenarie e quelle forse un po’ più nuove, ma che sono tue e guai se non le rispetti. Salvi il gelato con le amiche la domenica pomeriggio, lo shopping del sabato, le chiaccherate con la mamma quando torna esausta dal lavoro ma ha comunque voglia di starti a sentire e di aiutarti, se ne hai bisogno.
Salvi il modo in cui alcune persone sanno graffiarsi e farsi del male giorno dopo giorno, ma non essere comunque in grado di lasciarsi andare, perché al di là del dolore che possono provocarsi c’è un abisso colmo di affetto che entrambi sanno che prima o poi uscirà fuori. Basta avere pazienza.
Salvi le persone che non ti capiscono e quelle che ti odiano, perché sono il tuo motore, anche se non lo sanno.
Salvi i film che guardiamo insieme sul divano, i tuoi difetti che mi fanno arrabbiare e la tua faccia quando sai che hai combinato una cazzata e adesso ti tocca sopportare il mio sclero.
Dio salvi la tua voce che mi dice “mi piaci da impazzire” e le tue mani che mi accarezzano e salvi le mie guance che diventano rosse anche se è una cosa stupida.
Salvi le persone che non hanno paura di dire che fare l’amore è bello.
Salvi le cose banali, il sale sulla bocca al mare d’estate, le persone sincere anche quando la verità fa male e i messaggi salvati sul telefono che hai paura di cancellare, anche se li sai a memoria e mai e poi mai potrai dimenticarli.
Salvi l’istante in cui mi sono accorta che mi ero innamorata come mai prima e la sensazione di panico mista a felicità che ho provato in quell’attimo, quando forse per la prima volta nella mia vita mi sono sentita completamente impotente ed estremamente felice e non sapevo bene neanche io cosa fare e cosa dire.
Salvi le incazzature di mia madre e i pensieri ottocenteschi di mio padre sull’amore e la passione. Salvi il loro modo di dire “i tempi sono cambiati da quando eravamo giovani noi” e di guardarsi con occhi complici che testimoniano trentacinque lunghissimi anni di matrimonio.
Dio salvi i bambini e i loro occhioni che ti fissano,  salvi chi guardandoli non puoi far a meno di pensare che sono la cosa più bella del mondo e chi anche solo per un istante si ricorda ogni giorno che dentro di noi c’è ancora un bambino, nascosto da qualche parte, che non è male lasciare uscire,  ogni tanto.
Salvi la volta in cui ho pensato che forse sarei stata meglio se non ti avessi conosciuto, perché è stato proprio quello l’attimo in cui mi sono resa conto che se dovessi rinascere me, la prima cosa che farei sarebbe venire a cercarti, in qualsiasi parte del mondo potresti trovarti, per stare con te, ed innamorarmi di nuovo.

Dio salvi il nostro domani, il mio e di tutti quelli che amo, e salvi me, che non so neanche fino a che punto ci credo ma ogni giorno prego che Dio ci dia quello che ci meritiamo e che non smetta mai di farci brillare il sole sopra la testa.